Il ricordo della partenza da Pietrelcina del giovane Francesco Forgione e della sua vestizione religiosa raccontati da Padre Alessandro da Ripabottoni

Francesco bussò alla porta del convento cappuccino di Morcone, distante da Pietrelcina 30 chilometri circa, il 6 gennaio 1903 e si trovò di fronte ad una lieta sorpresa: nel frate portinaio ravvisa colui che lo impressionò tanto da farlo decidere ad entrare nello stesso Ordine. Era fra Camillo da S. Elia a Pianisi (1871-1933), il questuante semplice ed esemplare di Morcone che spesso si recava a Pietrelcina e la sua figura di degno figlio di san Francesco era rimasta impressa nella mente e nel cuore di Francesco.

Fra Camillo, al vederlo, esulta di gioia, l’abbraccia, lo bacia e lo colma di carezze. Poi subito: «Eh, Franci, bravo, bravo! Sei stato fedele alla promessa e alla chiamata di san Francesco», e lo accompagna dal padre guardiano Francesco Maria da S. Elia a Pianisi e dal padre maestro dei novizi Tommaso da Monte Sant’Angelo (1872-1932).

Il padre maestro, che in modo particolare deve aiutare il novizio a muoversi nell’ignoto schema della nuova vita, lo dispone ad una buona settimana di riflessione per una giusta visuale delle cose, durante la quale si conversa solo con Dio e con nessun altro.

La stanzetta assegnata provvisoriamente a Francesco è nel corridoio che conduce al coro (n. 18), poi abiterà nella celletta n. 28 nel corridoio dei chierici: un pagliericcio poggiato su quattro tavole sostenute da due cavalletti, un minuscolo tavolino con qualche libro devoto, una sedia, una croce di legno che di notte gli farà compagnia durante i brevi e frettolosi sonni.

Sull’architrave di ogni stanzetta una frase scritturistica ricorda a chi entra ed esce una massima di vita spirituale. Quelle abitate da Francesco hanno un passo del Vecchio Testamento ed uno del Nuovo; la numero 18: «Il molto parlare non sarà senza peccato» e la n. 28: «Voi siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio».

Uno scritto a pennello sulla volta bassa del corridoio ammonisce di rispettare il silenzio, perché luogo di noviziato e perciò di raccoglimento. E Francesco si accorge che quel silenzio perpetuo non è un silenzio morto ma vivo, fatto di tante persone; il noviziato è pieno e si lavora tanto e si prega ancora tanto di più, finanche di notte; la vita non è facile ma egli spera in Dio e nella Madre sua che gli hanno promesso aiuto e ricompensa.

Terminati gli esercizi spirituali, il 22 gennaio dello stesso anno 1903 vestì l’abito del novizio cappuccino e si chiamò fra Pio da Pietrelcina. Delicatamente composto nel «bel saio cappuccino», fra Pio – nome oggi famoso in tutto il mondo – ben presto si accorge che quei frati «non scherzano».

Da Padre Pio da Pietrelcina “Il cireneo di tutti”, Alessandro da Ripabottoni
ed 1978, pp 22-23