di don Giovanni Antonacci*

La radicalità e l’instancabilità nel lavoro apostolico e nell’impegno ministeriale (analizzate negli scorsi articoli) ci proiettano in maniera naturale su un’altra caratteristica di Padre Pio: il suo profondo senso di responsabilità, che si esprime non soltanto nel modo in cui il frate si prepara alla sua professione religiosa e alla sua ordinazione sacerdotale, ma anche nell’impegno da lui profuso nella formazione permanente, specie sotto il profilo intellettuale, culturale e teologico. In modo particolare a Pietrelcina sono stati trovati, tra i libri da lui usati anche dopo l’ordinazione presbiterale, i volumi delle Opere spirituali di San Giovanni della Croce, che egli non soltanto studiò, ma che utilizzò ampiamente nella corrispondenza con i suoi figli spirituali fin dai primi anni. In seguito, «abbracciata, in grande stile, la sua missione di apostolo del confessionale a San Giovanni Rotondo, il Servo di Dio non trascurò la sua formazione permanente, ma continuò a studiare la teologia morale per meglio assolvere il suo mandato. Il padre Ignazio da Ielsi, che fu guardiano del convento di San Giovanni Rotondo dal 1922 al 1925, scrive così nel suo diario: “È ammirevole come egli (cioè Padre Pio) studia il trattato de justitia”»[1].

Il senso di responsabilità di Padre Pio nasceva da un altro tratto importante della sua persona: la sincerità. Analizzeremo questa virtù in tre fasi: prima dell’ordinazione sacerdotale, sincerità con i suoi direttori spirituali e con i figli spirituali. Il carattere franco di Padre Pio infatti si esprimeva non soltanto nell’esporre e difendere i suoi punti di vista, ma anche nell’approvare o disapprovare con schiettezza ciò che l’interlocutore sosteneva, indipendentemente dalla carica o dall’autorità che quest’ultimo avesse rivestito. Già nei suoi Componimenti scolastici di gioventù il futuro Padre Pio si esprimeva con questo linguaggio: «la verità […] è una virtù, che ci fa palesare i nostri sentimenti tali, quali sono nel cuore, con una retta intenzione di piacere a Dio solo, senza curarci di ciò che si dica degli uomini. Mentre la bugia è la sorgente, donde provengono le doppiezze, le simulazioni, gl’inganni e le adulazioni, per dare ad intendere al prossimo, che si dica una cosa, come se la sente, nell’atto stesso che si esprime un sentimento totalmente diverso da quello, che si tiene nell’animo. […] Se la sincerità è desiderata in chicchessia, molto più dobbiamo desiderarla noi, seguaci del Nazzareno. Procuriamo perciò di praticarla con tutti […] Noi seguaci di Cristo dobbiamo guardarcene (dalla insincerità), amando sempre la verità, non per i nostri interessi, né per attacco alla nostra opinione, né per ambizione di essere uomo sincero; ma bensì per amore della verità, che è il fondamento immobile della nostra fede; e per imitare ancora Iddio, quale adoriamo, incapace di mentire o ingannare; e per mantenere l’unione e buona intelligenza coi nostri prossimi; ed anche per sostenere l’onore ed il decoro del nostro stato, mentre colle finzioni e menzogne si viene a perdere il credito e si diventa pure odioso a tutti»[2].

Questa concezione alta della sincerità come virtù umana fondamentale, prima ancora che come virtù profondamente cristiana ed evangelica, Padre Pio l’ha vissuta e praticata in primo luogo con coloro che erano incaricati di guidare la sua anima, nello Spirito Santo, ad una sempre maggiore configurazione a Cristo Maestro: i suoi direttori spirituali. Ad esempio, nel settembre 1911 egli esterna a padre Benedetto il suo immenso dolore per una bugia da lui detta, malgrado il confessore l’avesse reputata «veniale» come colpa. «Mio caro padre – scrive – col sangue agli occhi scrivo la presente. Sappia, padre mio, che giorni or sono ho avuto il coraggio di nuovamente offendere Gesù con una bugia. Mio Dio che vergogna! E ho il coraggio, o padre, di accusare gli altri, mentre io sono il peggiore di tutti? Ora sì che mi riconosco veramente per il più indegno di tutte le miserabili creature. Se sapesse quanti spaventi mi va muovendo il nemico per questo peccato! A me non regge l’animo di descrivergli questi spaventi. Ma viva sempre la misericordia di Gesù. Il confessore mi assicura che al più ho peccato venialmente; ma che m’importa se in ogni modo ho fatto piangere Gesù. E se a Gesù dispiace sommamente l’offesa che gli vien fatta da ogni fedele, molto più gli dispiace l’offesa fattagli da un sacerdote […] Povero Gesù, da me nuovamente offeso! Il mio cuore è tanto duro che non sa commuoversi come si dovrebbe al pensare alle offese, che ho fatte a Gesù. Ma quanto so e posso voglio pentirmene. Dica a Gesù subito, che non ricusi il mio dolore»[3].

Anche con i suoi figli e le sue figlie spirituali Padre Pio si faceva testimone e maestro di sincerità e di franchezza nel dire le cose come stavano, senza infingimenti o doppiezze di sorta. In una missiva datata 16 novembre 1914 – mentre spiega a Raffaelina Cerase come deve essere «chi vive nello spirito di Gesù Cristo» – il frate santo così fra l’altro si esprime: «Oltre dei vizi del senso e dell’avarizia bisogna che il buon cristiano si guardi da quei vizi che offendono il prossimo, sia interiormente col cuore, sia esteriormente con la lingua»[4]. In sintesi, la virtù della sincerità in Padre Pio è stata ben riassunta dal Ministro generale dell’Ordine Cappuccino padre Donato da Welle[5], il quale volle recarsi a San Giovanni Rotondo proprio per conoscere di persona Padre Pio e poter così farsi un’idea più documentata su di lui. Giunse alla persuasione che «dopo ripetute prove in tutti i sensi ho potuto concludere che il Padre Pio era assolutamente sano di spirito e mi rimase la certezza d’una semplicità e sincerità, che era incapace di ingannare o di dire un “sì” per un “no”»[6].

 

*Teologo

[1] G. Di Flumeri, Il Beato Padre Pio da Pietrelcina, cit., 315.

[2] Padre Pio da Pietrelcina, Lavori scolastici, a cura di G. Di Flumeri, Ed. Padre Pio da Pietrelcina, San Giovanni Rotondo 2000, 130-131.

 

[3] Epist. I, 235-236.

[4] Epist. II, 232.

[5] Padre Donato svolse il servizio di Ministro generale dei Frati Minori Cappuccini dal 1938 al 1946.

[6] Positio super virtutibus, III/1, 895.

 

 

 

Per approfondimenti si rinvia al testo Padre Pio e i doni dello Spirito Santo. Carismi ordinari e straordinari

di Giovanni Antonacci

edito da Libreria Editrice Vaticana, 2022

 

* Don Giovanni Antonacci, sacerdote originario di San Giovanni Rotondo, ha compiuto gli studi teologici presso la Facoltà Teologica Pugliese in Molfetta, conseguendo la Licenza in Antropologia Teologica nel 2014 con una Tesi intitolata: La fede come esperienza nel pensiero teologico di Joseph Ratzinger. Successivamente ha conseguito il Dottorato in Teologia Spirituale presso la Pontificia Università della Santa Croce in Roma. La Dissertazione dottorale è stata pubblicata nel 2022 dalla Libreria Editrice Vaticana con il titolo: Padre Pio e i doni dello Spirito Santo. Carismi ordinari e straordinari e la Prefazione del Card. Marcello Semeraro. Nel 2022 ha conseguito la Laurea Magistrale in Filosofia presso l’Università di Tor Vergata in Roma, ed è ora Dottorando in Filosofia presso la citata Università Santa Croce. Iscritto all’Albo dei giornalisti, dirige la Rivista “Vita Diocesana” e commenta quotidianamente la Parola di Dio su YouTube (canale VangelOggi – Don Giovanni Antonacci).