L’umanità di Padre Pio

di don Giovanni Antonacci*

 

Sia la beatificazione che la canonizzazione di Padre Pio hanno avuto un artefice indiscusso, che più di chiunque altro vi ha lavorato ininterrottamente per oltre trent’anni: padre Gerardo Di Flumeri. In modo particolare padre Di Flumeri ha curato – non senza la collaborazione di alcuni studiosi – la stesura della Positio super virtutibus, redatta tra il gennaio 1991 e il novembre 1996. La Positio costituisce indubbiamente ad oggi la fonte più ufficiale[1], autorevole e documentata per reperire informazioni certe e “vagliate” circa la personalità e la storia di Padre Pio. In modo particolare vengono messi a fuoco i seguenti tratti caratterizzanti l’umanità del frate di Pietrelcina: amicizia, compassione per i fratelli, dolcezza, capacità di lavoro, senso di responsabilità, sincerità, umorismo. In questo articolo inizieremo a passare in rassegna singolarmente ciascuna di queste caratteristiche, a partire proprio dalla capacità del Santo di coltivare e di vivere il valore dell’amicizia.

Padre Pio sentiva profondamente l’amicizia con tutti: con i suoi direttori spirituali, con i suoi ex alunni, con i suoi confratelli, con i suoi figli e figlie spirituali. La sua, però, era un’amicizia soffusa non da vuoto sentimentalismo, ma da un alone di autentica soprannaturalità. Il 23 agosto 1916, mandava l’augurio onomastico a padre Agostino, al quale diceva: «Voi non l’isdegnerete di accettarlo, sapendo che esso parte da un cuore che ardentemente vi ama con amore tutto santo davanti al divino Sposo» (Epist. I, p. 804)[2].

Altro aspetto importante della persona di Padre Pio era la capacità di sentire e vivere la compassione per i fratelli, nel senso propriamente etimologico del termine: “patire con”. Appena arrivato a San Giovanni Rotondo, nel 1916, vi trovò una situazione tutt’altro che favorevole dal punto di vista sociale ed economico, e seppe far proprie le sofferenze materiali e morali della popolazione fino ad assumere diverse iniziative sociali. A testimonianza della forte empatia del Santo con i più deboli riportiamo uno stralcio della lettera da lui stesso indirizzata al suo ministro provinciale, nonché allora anche direttore spirituale, padre Benedetto da San Marco in Lamis:

«Nel fondo di quest’anima parmi che Iddio vi ha versato molte grazie rispetto alla compassione delle altrui miserie, singolarmente in rispetto dei poveri bisognosi. La grandissima compassione che sente l’anima alla vista di un povero le fa nascere nel suo proprio centro un veementissimo desiderio di soccorrerlo, e se guardassi alla mia volontà mi spingerebbe a spogliarmi perfino dei panni per rivestirlo. Se so poi che una persona è afflitta sia nell’anima che nel corpo, che non farei presso il Signore per vederla libera dai suoi mali? Volentieri mi addosserei, pur di vederla andar salva, tutte le sue afflizioni, cedendo in suo favore i frutti di tali sofferenze, se il Signore me lo permettesse»[3].

Un’altra caratteristica emersa durante la Causa di beatificazione di Padre Pio è la sua capacità di lavoro. La sua giornata iniziava in realtà nel cuore della notte quando, dopo aver fatto qualche passo nei corridoi del convento, si recava in chiesa per un lungo tempo di preghiera in preparazione alla celebrazione eucaristica. Il resto era tutto un dividersi tra le Confessioni – che occupavano gran parte delle sue giornate[4] – preghiera e vita fraterna, alla quale Padre Pio mai si sottraeva, e che anzi viveva con gioia nei momenti dei pasti e della ricreazione fraterna. Tra le poche riprese di Padre Pio effettuate nel convento di San Giovanni Rotondo con le telecamere di cui all’epoca si poteva disporre, alcune ci mostrano il Santo che giungeva in ritardo in refettorio, e che faceva da solo la preghiera prima del pasto, in ginocchio, come volevano le Costituzioni cappuccine e la regola della vita comunitaria. Di frequente infatti, Padre Pio non riusciva a presentarsi in orario perché trattenuto da Confessioni, richieste di colloqui, di preghiere, di benedizioni di autovetture, oggetti di devozione, persone, et similia.

In special modo nei primi lustri della sua formazione religiosa e del suo ministero sacerdotale, non va trascurata infine un’altra attività che richiedeva a Padre Pio energie e tempo prezioso: la corrispondenza epistolare, tanto con i suoi padri quanto con i suoi figli spirituali. Così egli scrisse a padre Benedetto il 16 novembre 1919: «il mio lavoro è sempre assiduo, e con più di responsabilità. Ed è ormai l’una dopo mezzanotte che traccio queste poche righe. Sono diciannove ore di lavoro che vado sostenendo, senza un po’ di sosta»[5]. La capacità di lavoro fu vissuta da Padre Pio in maniera radicale, tanto che – a partire dal suo arrivo definitivo a San Giovanni Rotondo, il 4 settembre 1916 – egli non si concesse un giorno di licenza o di ferie, né un periodo di cure (che pure gli avrebbero giovato) né di fatto uscì mai da San Giovanni Rotondo se non durante alcuni mesi per le visite mediche militari, alle quali fu chiamato negli anni a cavallo della Prima Guerra Mondiale[6]. Non vide mai Assisi, lui così innamorato di San Francesco, e fu una volta sola a Roma – molto prima però di stabilirsi sul Gargano – per accompagnare una sua sorella che iniziava il suo percorso di consacrazione religiosa. Neanche dal convento stesso Padre Pio era solito uscire, se non per le elezioni politiche o amministrative, per questioni inerenti Casa Sollievo della Sofferenza e – naturalmente – per motivi pastorali quali le visite agli ammalati.

[1] In seguito alla beatificazione di Padre Pio, lo stesso vice postulatore della Causa ha curato e compilato un volume che sintetizza fedelmente il contenuto della medesima Positio. Cfr. G. Di Flumeri, Il Beato Padre Pio da Pietrelcina, Ed. Padre Pio da Pietrelcina, San Giovanni Rotondo 2001.

[2] Ivi, 312.

[3] Epist. I, 462-463.

[4] Il dottor Giorgio Festa – che conobbe da vicino Padre Pio – scrive: «Vi sono stati periodi nei quali ha confessato, senza interruzione, per diciotto ore consecutive!». Cfr. G. Festa, Misteri di scienza e luci di fede: le stigmate del padre Pio da Pietrelcina, V. Ferri, Roma 1949, 138.

[5] Epist. I, 1158.

[6] Cfr. G. Preziuso, Padre Pio soldato, Ed. Padre Pio da Pietrelcina, San Giovanni Rotondo 1996, 5-13.

 

Per approfondimenti si rinvia al testo Padre Pio e i doni dello Spirito Santo. Carismi ordinari e straordinari

di Giovanni Antonacci

edito da Libreria Editrice Vaticana, 2022

 

* Don Giovanni Antonacci, sacerdote originario di San Giovanni Rotondo, ha compiuto gli studi teologici presso la Facoltà Teologica Pugliese in Molfetta, conseguendo la Licenza in Antropologia Teologica nel 2014 con una Tesi intitolata: La fede come esperienza nel pensiero teologico di Joseph Ratzinger. Successivamente ha conseguito il Dottorato in Teologia Spirituale presso la Pontificia Università della Santa Croce in Roma. La Dissertazione dottorale è stata pubblicata nel 2022 dalla Libreria Editrice Vaticana con il titolo: Padre Pio e i doni dello Spirito Santo. Carismi ordinari e straordinari e la Prefazione del Card. Marcello Semeraro. Nel 2022 ha conseguito la Laurea Magistrale in Filosofia presso l’Università di Tor Vergata in Roma, ed è ora Dottorando in Filosofia presso la citata Università Santa Croce. Iscritto all’Albo dei giornalisti, dirige la Rivista “Vita Diocesana” e commenta quotidianamente la Parola di Dio su YouTube (canale VangelOggi – Don Giovanni Antonacci).